mercoledì 13 maggio 2015

Esperienza extracorporea, come risponde il nostro cervello??



Si dice che l'uomo abbia la percezione di essere fisicamente laddove sono i suoi occhi. Ma in alcune situazioni particolari – in fasi di profonda meditazione, nel caso di incidenti dal forte impatto o di forti traumi, o di assunzione di stupefacenti – capita che i pazienti dichiarino di aver vissuto delle OBE, out of body experience, ovvero esperienze al di fuori del proprio corpo. Vi è tutto un filone di ricerca, tra scienza e medicina, che indaga su questo tipo di esperienze e lo studio più recente è quello appena pubblicato su Current Biology, svolto dai ricercatori del Karolinska Instituttet di Solna, in Svezia. Gli studiosi svedesi hanno preso un campione di quindici persone e hanno misurato quel che accadeva nei loro cervelli mentre erano proiettati in un'esperienza guidata extracorporea. Un compito davvero complicato per il cervello, che deve continuamente elaborare informazioni diverse e calibrare la comunicazione tra i diversi sensi per allocarsi nello spazio e riconoscere la posizione del corpo rispetto alla realtà che lo circonda.
Il teletrasporto: come hanno operato i neuroscienziati
I quindici partecipanti alla prova indossavano schermi collegati ai loro occhi sui quali potevano vedere immagini esterne. Erano inoltre inseriti, coricati, in un macchinario che eseguiva la scansione della loro attività cerebrale. Nel display montato sulla loro testa, i partecipanti potevano vedere se stessi da un'altra angolatura della stanza dove erano collocati. Non solo vedevano il loro corpo, supino, davanti a loro, ma in un angolo della stessa stanza potevano osservare sullo schermo anche un secondo corpo, di un estraneo, coricato esattamente nella stessa posizione. Per creare l'illusione di essere altrove, i ricercatori toccavano il corpo dei partecipanti all'esperimento con alcuni oggetti (mestoli, cucchiai di legno e così via) facendolo sincronicamente sia a loro, sia all'estraneo di turno. Dunque la cavia poteva vedere, mentre lo viveva su di sé, anche un'altra persona subire il suo stesso trattamento. 
Cosa accade al cervello nell’esperienza «extracorpo»
Bastano pochi istanti e il cervello del partecipante avverte la sensazione di essere toccato come se si trovasse dall'altra parte della stanza: ovvero, sente di essere nel corpo dell'estraneo che sta vivendo la sua stessa esperienza poco lontano. Sente, nello specifico, di trovarsi proprio nella posizione esatta in cui è posizionato l'altro, vivendo dunque una esperienza extracorporea: il suo corpo è sempre lì, ma il cervello è convinto di essere altrove. Per capire come il cervello si muove e reagisce se sollecitato in un'esperienza di questo tipo, i ricercatori hanno analizzato i risultati registrati dallo scanner cerebrale in cui erano posizionati i partecipanti. Hanno così potuto confermare ciò che si era evidenziato in studi precedenti svolti però unicamente sul cervello dei topi: vi è un lavoro intenso nei lobi temporale e parietale del cervello per cercare di decodificare la propria posizione e questo scambio fa presupporre che esista una sorta di GPS all'interno di queste aree che segnala la propria posizione, per esempio, all'interno di una stanza. 



Fonte: http:///www.corriere.it/










venerdì 8 maggio 2015

Rischia chi ha l'amigdala più grande





Accettare le sfide del destino? Buttarsi nella mischia o aspettare pazienti sul bordo del fiume? Atteggiamenti agli antipodi che potrebbero avere basi biologiche precise e che influenzano le azioni quotidiane e quelle straordinarie di tutti: comprare un auto, accettare un incarico, fare un investimento finanziario, scommettere una certa sommetta. I ricercatori dell’Università Vita-Salute San Raffaele, in uno studio pubblicato sul Journal of Neuroscience, finanziato dalla Fondazione Cariplo e da Schroders Italy SIM, mostrano che è l’amigdala, il centro neurale della paura e dell’ansia, a fare da “centralina” per l’esagerata anticipazione del dolore conseguente alle possibili perdite derivanti da una scelta.  

Cos'è l'amigdala - L’amigdala è una struttura cerebrale posta nella profondità di ciascuno dei due emisferi cerebrali, essenziale per le capacità di apprendere i pericoli intorno a noi, di riconoscerli e preparare l’organismo ad una risposta adeguata, ad esempio “combatti o scappa”. Prendere decisioni implica la capacità di prevedere le conseguenze positive e negative di ogni possibile scelta. Questo consente di soppesarle attentamente, per arrivare a selezionare quella che riteniamo più vantaggiosa.

Le teorie - Come dimostrato dagli studi del Premio Nobel per l’Economia Daniel Kahneman, però, in questo processo di anticipazione mentale le possibili perdite “pesano” tipicamente più dei guadagni. Nelle nostre scelte, cioè, preferiamo evitare le perdite all’ottenere guadagni, almeno finché il possibile guadagno non è pari a circa il doppio della possibile perdita. Questo fenomeno, noto come “avversione alle perdite”, secondo gli esperti sta contribuendo ad aggravare l’attuale crisi economica.    

Lo studio - Durante l’esperimento ai volontari è stato chiesto di accettare o rifiutare una serie di scommesse che, come succede quando si gioca a “testa o croce”, avrebbero consentito di vincere o perdere dei punti con probabilità pari al 50%. Le possibili vincite e perdite variavano di volta in volta: a volte erano entrambe grandi, a volte entrambe piccole, a volte molto diverse tra loro. In alcuni casi la possibile vincita era circa il doppio della possibile perdita, ovvero la tipica situazione in cui emerge un conflitto tra accettare, assumendosi il rischio della scommessa, o rifiutare, garantendosi la sicurezza di rimanere fermi al punto di partenza.  

Cosa cambia - Il sistema dopaminergico, un insieme di strutture del cervello che si parlano tra loro utilizzando come mediatore la dopamina, si attiva quando anticipiamo i guadagni e si disattiva quando anticipiamo le perdite. Un altro sistema emotivo, centrato sull’amigdala, si attiva per le perdite e si disattiva per i guadagni. Ma, a parità di somma in gioco, le risposte associate alle perdite sono generalmente più intense di quelle associate alle vincite.

Fonte: http://salute24.ilsole24ore.com/